Che Natale sarebbe senza panettone? Se è vero che il lievitato milanese a forma di cupola è il re indiscusso delle feste, non si contano i dolci tradizionali che arrichiscono le tavole italiane in questi giorni, in un trionfo di spezie, frutta secca e canditi. Ogni regione – a volte ogni famiglia – custodisce ricette tipiche, legate al territorio. Scopriamone alcune grazie all’Atlante gastronomico dei prodotti regionali, appena uscito in libreria con veste grafica e formato inediti.
Bisciola – Lombardia
Chiamata anche bisoëla, panun, figascia o pan di fic, è una sorta di panettone rustico e basso, tipico della Valtellina. Il ripieno, particolarmente ricco, contempla noci, uvetta e fichi secchi a dadini. Di fornaio in fornaio, di pasticciere in pasticciere, la ricetta base può subire piccole variazioni (frutta candita, mandorle, pinoli, cioccolato).
Nadalìn – Veneto
Quando si parla della Verona dei dolci, si pensa subito al pandoro. Pochi però conoscono il suo antenato – il nadalìn –, inventato nel Duecento. Facilmente reperibile nei panifici e nelle pasticcerie della provincia, è confezionato con farina di grano tenero, burro, zucchero e uova, e a volte è arricchito da chicchi di cioccolato. Come il pandoro ha la forma di una stella ma si distingue per la consistenza più compatta.
Pan pepato – Umbria
Il pan pepato (o pampepato) è un’antica preparazione di origine contadina che la tradizione colloca nel Ternano. È figlio di un gustoso amalgama dove mosto cotto, farina (secondo alcune ricette), cacao, miele, canditi, noci, mandorle e uva di Corinto si fondono in un impasto dalla giusta consistenza che è fatto cuocere in forno. Il contributo di tutti gli ingredienti è esaltato dal sapore piccante dato dal pepe nero macinato.
Parrozzo – Abruzzo
Il pane di farina di granturco, a forma semisferica, è diffuso tra i contadini abruzzesi da tempo immemorabile; era detto “pane rozzo” per distinguerlo da quello bianco di farina di frumento, privilegio dei signori. Il dolce parrozzo, che del pane ha mutuato la forma, è di nascita recente. La sua rapida fama si deve alla genialità del pasticciere pescarese Luigi D’Amico, che lo inventò e nel 1926 ne registrò il marchio, e a Gabriele D’Annunzio, che lo battezzò e gli dedicò celebri versi.
Cartellate – Puglia
In Puglia anche i nomi dei dolci popolari hanno numerose varianti gergali. Per le cartellate, scartagghiate, frìnzele, crùstoli sono solo alcune delle espressioni ricorrenti. Si ottengono da un impasto di farina, olio di oliva e vino bianco secco, che sarà poi modellato in conchette da arrotolare su se stesse a mo’ di corolle. Dopo averle lasciate riposare, sono fritte e quindi calate ripetutamente in un recipiente caldo con mosto cotto o cotto di fichi (ricavato dall’ebollizione lenta, con successiva filtrazione, di fichi molto maturi). Facoltativa l’aggiunta finale di cannella e chiodi di garofano tritati finemente.
Buccellato – Sicilia
La forma più comune è quella di un ciambellone, ma ’u cucciddatu è preparato nelle più diverse fogge e pezzature, anche molto piccole. Il ripieno è ricavato legando con uova fichi secchi ammorbiditi e macinati, un trito di noci, pistacchi e mandorle tostate, scaglie di cioccolato, uva passa, zuccata a dadini, scorza d’arancia, cannella e chiodi di garofano in polvere, zucchero.
Atlante gastronomico dei prodotti regionali
Collana: Slowbook
Pagine: 480
Prezzo di copertina: 29 €
Prezzo online: 24,65 €
Prezzo soci Slow Food: 23,20 €
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