Non c’è Pasqua senza pastiera, almeno in Campania. Capasaldo della pasticceria napoletana, consiste in uno scrigno di pasta frolla con all’interno una crema di grano cotto, ricotta e canditi. Ogni famiglia reinterpreta la ricetta classica secondo le proprie consuetudini: l’importante è prepararla con un po’ di anticipo – il Giovedì o il Venerdì Santo massimo – in modo che, con il riposo, sprigioni tutti i suoi aromi. Ma quali sono le origini di questo dolce? Scopriamole insieme.
Sulla nascita della pastiera vi è un pullulare di storie più o meno credibili; la più bella è una leggenda fantastica di cui è protagonista la sirena Partenope, simbolo della città di Napoli. Ogni anno in primavera emergeva dalle acque del golfo nelle quali dimorava, allietando la popolazione con canti melodiosi. Rapiti dalla bellezza della sua voce, gli abitanti decisero di darle in dono sette ingredienti (farina, ricotta, uova, grano tenero, acqua di fiori d’arancio, spezie e zucchero) che diedero vita alla prima pastiera.
C’è poi chi sostiene che l’antenata della pastiera sia nata in occasione delle Cerealia, feste che nell’antica Roma celebravano il ritorno della primavera, durante le quali le sacerdotesse del culto portavano in processione un uovo in quanto simbolo di rinascita. Comunque sia, per arrivare a una ricetta più simile a quella che conosciamo pare si debba saltare fino al Cinquecento, mentre è nel secolo successivo che le suore del monastero di San Gregorio Armeno ne perfezionano la preparazione.

Del 1634 la prima citazione letteraria: la favola La gatta Cenerentola, all’interno del Cunto de li cunti, raccolta postuma di Giambattista Basile. La prima ricetta scritta è datata invece 1693 e compare nel
trattato di cucina Lo scalco alla moderna di Antonio Latini. Si trattava ancora di una torta rustica e poco dolce in cui, oltre a grano e ricotta, erano previsti parmigiano grattugiato, pepe, sale, pistacchi e pasta
di marzapane. Ancora un balzo in avanti e arriviamo al 1837 e alla codifica “definitiva”, riportata da Ippolito Cavalcanti nella Cusina casarinola all’uso nuosto napolitano, compendio della gastronomia popolare di Napoli inserito nella prima edizione del trattato didattico Cucina teorico-pratica.
Ai giorni nostri, la pastiera non è più un dolce soltanto pasquale, si trova pressoché tutto l’anno, a eccezione dei mesi più caldi. Se il ripieno è rimasto quello di un tempo, oggi la cosiddetta pastaccia (farina, uova, acqua, sale e poco strutto) è stata sostituita dalla pasta frolla. Segnaliamo infine due tradizionalissime varianti: la pastiera di riso, utilizzato al posto del grano nel Salernitano, e quella con i tagliolini di pasta fresca al posto della ricotta, tipica di Mondragone in provincia di Caserta.
Grammatica illustrata della cucina italiana

Collana: Slow Book
Pagine: 384
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