Il 22 settembre alle ore 19 e 21 c’è stato l’equinozio autunnale e siamo entrati ufficialmente nella stagione. Dici autunno e se pensi al cibo ti vengono in mente funghi (che ci sono), zucche (che ci sono) e castagne. Queste ultime però sono in ritardo, fa ancora troppo caldo, almeno per quelle “vere”.

Castagne… di pianura

Sui banchi del mercato, in realtà, le troverete lo stesso, a prezzi tra i quattro e i sette euro al chilo a seconda della pezzatura. Sono castagne di… pianura. Già, perché da un po’ di anni sono nati grandi castagneti in zone dove mai si sarebbe pensato potessero crescere. Nel ferrarese, per esempio, ma anche in molti altri luoghi. Si tratta di veri e propri frutteti, con piante piccole e lontane anni luce dagli imponenti castagni nei boschi, i primi a cui tutti pensano. Si tratta di varietà ibride ottenute da incroci tra la castagna giapponese e quella europea, e si ottengono frutti molto grandi.

Purtroppo, hanno un gusto davvero povero, avendo una quantità d’acqua al loro interno ben al di sopra della media. Ecco, oggi potrete comprare solo queste e noi non vogliamo invitarvi a farlo, perché c’è il rischio che i consumatori restino delusi e si dicano «Quest’anno le castagne non sono buone» e non le comprino più per il resto della stagione. Invece, tra un periodo che tra un paio di settimane o poco più, arriveranno al mercato tantissime varietà di castagne di bosco, i marroni e prodotti locali (come la castagna essiccata nei tecci di Calizzano e Murialdo in Liguria, Presidio Slow Food) di cui tutta l’Italia è piena.

Quasi un cibo di lusso

Ma perché le castagne sono finite in pianura? Perché da prodotto tradizionalmente povero sono diventate quasi un lusso, un po’ per via di malattie che hanno ucciso molti antichi alberi, un po’ perché i boschi sono sempre più lasciati a sé stessi, abbandonati o non curati. Bisogna fare un plauso a chi resiste in queste attività montane e ci dona ancora castagne “vere” e non “rifatte”. E bisogna premiarli con l’acquisto.

A difesa della biodiversità

Non è tanto strano che, vista la possibilità di piantare un prodotto remunerativo, molti possessori di grandi frutteti in pianura si siano orientati sulla castagna nippo-europea sostituendo altre coltivazioni. A noi non pare un gran servizio alla biodiversità e alla sostenibilità, e soprattutto non vorremmo mai che un giorno ci riducessimo soltanto a quel tipo di castagna, perdendo un patrimonio che in Italia davvero non ha eguali.

Carlo Bogliotti, c.bogliotti@slowfood.it
Da La Stampa del 2 ottobre 2021