Avevamo già accennato alcune settimane fa all’annata problematica che si stava presagendo per il settore della melicoltura. La caldissima estate che ci siamo lasciati alle spalle non ha favorito una maturazione “giusta” per il comparto. Ma come? Direte voi: «Il caldo non fa diventare la frutta più buona, succosa e dolce?». È vero, e infatti le mele che trovate oggi sul mercato sono davvero buone. Costano anche molto poco, al dettaglio non è difficile spuntare 99 centesimi al chilo. Dunque – vi starete chiedendo – qual è il problema?

L’inghippo sta in quel “giusto” rispetto alla maturazione. Molti melicoltori italiani lavorano soprattutto per l’esportazione e oggi questi frutti quasi surmaturi non possono essere spediti da nessuna parte. Di solito viaggiano via nave, magari verso il Nord America, e ci mettono un mesetto per arrivare a destinazione. Devono avere le caratteristiche per poter resistere: ora non le hanno. Gli esportatori misurano il grado zuccherino e le rifiutano. Se normalmente in queste partite da quintali di mele lo scarto “da esportazione” (perché sono frutti buonissimi da mangiare subito) ammonta a circa il tre o quattro per cento, oggi siamo ampiamente oltre la metà, in alcuni casi per la quasi totalità. Direte: «Allora perché non le immettono subito sul mercato interno, visto che sono buone?». Perché il canale italiano è già saturo, visto che questa maturazione non invoglia nemmeno a metterle da parte nei frigoriferi che le portano avanti per tutto l’inverno (e quindi saranno molto scarse tra un po’). Ecco il perché dei prezzi bassissimi e della grande disponibilità di ottime mele.

È uno dei tanti controsensi che spesso ci riserva il sistema di produzione agroindustriale, ma se a noi consumatori per adesso può andare bene a livello di rapporto qualità/prezzo, chi coltiva invece è disperato, tanto da minacciare, in alcune zone, di tagliare gli alberi con i frutti sopra. I grossisti e l’industria pagano le mele cinque centesimi al chilo e costa di più il trasporto. Un disastro per loro, insomma. Forse andrebbero aiutati, per preservare almeno gli alberi, visto che i prossimi anni non potranno che andare meglio.

Nel frattempo, però, non mancheranno le tante mele dei Presìdi Slow Food e delle decine di varietà locali presenti in tutto il mondo nel catalogo dell’Arca del Gusto. Seguono logiche diverse e vi invitiamo a riscoprirle: abbiamo sotto tutela le antiche varietà piemontesi, dell’Etna, dell’Alto Friuli, o la mela rosa dei monti Sibillini (in foto). Ma di rosa ci sono anche a Mantova, nel romano, in Olanda… 

Carlo Bogliotti, c.bogliotti@slowfood.it
Da La Stampa del
24 settembre 2022