In questo inizio d’agosto vogliamo offrirvi una storia. Vi parliamo molto spesso di Presidi Slow Food, non tanto perché chi scrive lavora per la stessa “parrocchia”, ma perché in campo agroalimentare hanno davvero tanto da raccontare, per quanto sono affascinanti, emblematici e… pieni di gusti quasi dimenticati. Siamo a Borgo d’Ale, poco più di 2000 abitanti in provincia di Vercelli. Attorno ci sono tante risaie, ma qui la terra è, almeno da inizio Novecento, votata alla peschicoltura.

Una storia di immigrazione di ritorno, con alcuni borgodalesi che portarono con sé dei semi dall’America. Negli anni Trenta i primi esperimenti vennero supportati da basi scientifiche e agronomiche ed ecco che la zona si riempì di pescheti. Non tutti uguali. Tra questi, alcuni donavano in frutto una pesca particolarmente profumata, quasi aromatica, medio-grande, con una buccia che sfumava dal verde chiarissimo al rosso-rosato. La sua polpa era bianca con venature rossastre in prossimità del nocciolo. Non poteva che chiamarsi Bella e distinguersi tra le tante altre varietà coltivate. Su 100.000 quintali raccolti negli anni Settanta a Borgo d’Ale il 10% erano “Belle”.

Ancora oggi la zona è famosa per le sue pesche, viste le condizioni pedoclimatiche estremamente favorevoli, ma di piante di Bella nel 2015 ne erano rimaste soltanto una ventina, vecchie di almeno quarant’anni. Erano state surclassate da varietà di pezzatura maggiore e più adatte al mercato, perché disponibili per un periodo più lungo (la Bella matura nel giro di due settimane appena, tra fine luglio e inizio agosto) e perché più durevoli, quindi facilmente commercializzabili. «Dalle pochissime piante rimaste, presenti perlopiù nei frutteti di anziani contadini, abbiamo recuperato il materiale per dare avvio alla propagazione», racconta Paolo Caldera, che è a capo di otto agricoltori che sono finalmente riusciti a riunirsi in un Presidio inaugurato la scorsa settimana, dopo ben sei anni di duro e appassionato lavoro. Dal 2016 oggi sono arrivati ad avere più di 500 piante. La Bella è salva!

È ottima mangiata fresca, da sola o in macedonia, magari con l’aggiunta di un goccio di Erbaluce di Caluso, ma le ricette tradizionali la propongono anche cotta al forno, ripiena di cacao e amaretti. Insomma, una bella storia, che speriamo vi accompagni sotto l’ombrellone o vi porti dalle parti di Borgo d’Ale prima di partire.

Carlo Bogliotti da La Stampa del 5 agosto 2023